Donald Trump incontra le Case Auto Americane

Mary Barra (GM), Mark Field (Ford) e Sergio Marchionne (FCA) e l’incontro con il presidente Donald Trump alla Casa Bianca.

25 Jan 2017 motorpad.it
Donald Trump incontra le Case Auto Americane

Una "colazione di lavoro” davvero speciale quella che ha visto insieme alla Casa Bianca il 44° neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i CEO di General Motors, Ford e FCA, le "big three" di Detroit. È stata sicuramente una di quelle colazioni che resteranno negli annali dell'industria automobilistica americana e sullo stomaco dei fautori del libero scambio e degli ambientalisti.

Tutto è cominciato il giorno prima con l’ufficializzazione dell’uscita degli USA dal trattato TPP (l’area di libero scambio nel Pacifico) che con il dollaro debole, favoriva il Giappone. Decisione che piacerà molto alla Cina ora più libera di muoversi in quell’area.

In attesa di mettere in discussione il trattato NAFTA relativo al mercato comune nordamericano Trump ha poi servito il “piatto forte” del menù del giorno, vale a dire la promessa di robusti tagli alle tasse e di incentivi alla produzione che hanno letteralmente entusiasmato, almeno stando alle dichiarazioni rilasciate al termine della riunione da Mary Barra (… incontro costruttivo, vogliamo un settore auto forte e competitivo) da Mark Field (… lavoreremo per rilanciare il settore, siamo incoraggiati) e da Marchionne (…siamo impazienti di lavorare con il presidente)  

La ricompensa per gli investimenti promessi dai tre costruttori in terra americana è stata però ancora più generosa. Infatti, pur dichiarandosi convinto ambientalista, Trump non ci ha pensato un secondo a dichiarare che "... gli ambientalisti sono ormai fuori controllo e ostacolano lo sviluppo". Preavviso più chiaro all'EPA (l'Ente governativo per la tutela ambientale) di ridimensionamento dei poteri di controllo delle emissioni non ci poteva essere. Chissà come sarebbe stata contenta la Volkswagen a suo tempo.

Ma non solo. Appena due giorni dopo la presa di possesso della Casa Bianca, Trump aveva già trovato il tempo per firmare il decreto che dà il via libera alla costruzione dell'oleodotto Arkansas Pipeline che deve portare il petrolio dall'Alaska al Texas attraversando un territorio sacro ai Sioux. Al di là dell’annullamento di un'altra decisione del suo predecessore è ben chiaro che per Trump i carburanti di origine fossile sono sempre importantissimi, e i petrolieri anche.

E gli indiani? Senza un Toro Seduto o un Cavallo Pazzo a guidarli e, - sorvolando su come è finito - con un nuovo generale Custer come Trump contro, potevano mai sperare di vincere?

Fuori dalla leggenda è chiaro ormai che i primi 100 giorni del nuovo presidente americano saranno improntati - come da promessa elettorale - a rivoltare come un calzino la politica dei grandi accordi commerciali e di libero scambio per grandi aree sovranazionali per sostituirli con trattati bilaterali con Stati e Governi amici come quello, già avviato con l’Inghilterra di Theresa May e la sua idea di Brexit. Se poi come, come sembra, la Premier inglese avrà problemi con il suo Parlamento, capace che Trump liquidi anche quello. 

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