USA: frena lo sviluppo l’auto elettrica

Cala il prezzo del petrolio e frena lo sviluppo dell’auto elettrica.

21 Jan 2016 motorpad.it
USA: frena lo sviluppo l’auto elettrica

Incontra problemi inattesi lo svilluppo dell’auto elettrica negli Usa dove il calo del prezzo del petrolio ha tolto competitività a questo tipo di alimentazione. Ovviamente per quanto concerne i costi di gestione e non per quelli che riguardano la salvaguardia ambientale.

Era il 2008 quando, con il prezzo della benzina a 4 dollari al gallone, Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama stabilì l’obiettivo di toccare il milione di auto elettriche immatricolate. E da allora, l’amministrazione ha supportato con miliardi di dollari l’industria e i consumatori finali.

Il Dipartimento Americano per l’Energia aveva stanziato centinaia di milioni di dollari per finanziamenti a interessi convenzionati le aziende “automotive” che si sarebbero dedicate alle elettriche. Nel 2009 l’Amministrazione aveva dedicato 2,4 miliardi di dollari per promuovere lo sviluppo di veicoli elettrici e delle relative batterie. A loro volta i consumatori possono usufruire di un credito federale d’imposta di 7500 dollari, che l’amministrazione Obama ha ripetutamente proposto di aumentare a 10.000 dollari, ma senza risultato. Senza contare gli incentivi dei singoli stati, in alcuni casi nell’ordine delle migliaia di dollari pro capite.

Nonostante ciò, i veicoli elettrici che corrono sulle strade americane a tutt’oggi sono solo 400.000, nonostante il mercato veda un’offerta di ben 30 modelli, spesso con notevoli sconti. In particolare, nell’ultimo anno sono state immatricolate 115.000 auro elettriche, con un calo del 6% sul periodo precedente.

Va da sé che uno dei motivi della visita di Obama a Detroit, proprio durante il NAIAS, sia proprio quella di discuterne, anche alla luce della posizione assunta all’annuale Discorso sullo stato dell’Unione (12 gennaio 2016), dove ha testualmente dichiarato che “dobbiamo accelerare la transizione dalle vecchie e più sporche fonti di energia”.

Nonostante il trend negativo, l’industria sta lanciando di nuovi modelli, in risposta al “mandato governativo” di creare brand dal forte orientamento ecologico anche per una questione di immagine: costruire auto elettriche non è conveniente, ma non farlo significherebbe apparire tecnicamente poco aggiornati, con danno su tutta la gamma.

Proprio al NAIAS di Detroit la GM ha lanciato la Chevrolet Bolt, Ford un’inedita versione elettrica della   Fusion e FCA ha mostrato la nuova Chrysler Pacifica anch’essa con una versione plug-in. E tutto ciò con un prezzo della benzina di 2 dollari/gallone, pari a 0,484 euro/litro (beati loro! ), che vanifica qualsiasi convenienza economica della propulsione alternativa rispetto al motore a scoppio, cosa che anche il CEO di Ford Mark Fieds ha candidamente ammesso.

I veicoli elettrici puri contano meno dell’1% dei 17,4 milioni di auto e trucks venduti l’anno scorso e la tendenza sfavorevole tocca anche i modelli ibridi, le cui vendite sono crollate l’anno scorso del 15% (384.000 immatricolazioni) valendo solo il 2,2% delle vendite di autoveicoli.

I principali ostacoli per i veicoli elettrici sono il loro alto costo e la limitata autonomia. La Chevrolet Bolt promette sì un passo avanti su entrambi i fronti, con un’autonomia superiore ai 300 km e un prezzo base di 30.000 dollari, al netto degli incentivi. Ma è difficile da digerire quando una vettura entry level con un efficiente motore di ultima generazione è offerta a 20.000 dollari.

Lo stesso Bob Lutz, ex vicepresidente di GM interpellato in proposito, ha affermato che “…se la benzina fosse a 8 dollari al gallone i costi di un’auto elettrica si ammortizzerebbero più velocemente, ma a 1,50 a gallone, chi è più disposto a sborsare 10.000 dollari in più?”.

Una voce controcorrente viene da Elon Musk, patron della Tesla, che prevede aumenti di produzione della sua auto, e di quelle che verranno, di circa il 50% ogni anno, con un traguardo di 500.000 pezzi per il 2020. Una stima che fa gola, ma chi gli ha fatto “il conto della serva” ha risolto che il quantitativo sarebbe invece di “solo” 360.000 pezzi, inoltre tutti da dimostrare. Da un lato Tesla ha il vantaggio di non vendere prodotti “budget” ma automobili-culto da 100.000 dollari; dall’altro c’è da vedere quanto questa moda saprà affondare le radici presso un pubblico dalle forti capacità di spesa, ma anche assai volubile nei gusti.

Al momento, i sostenitori dell’auto elettrica “normale” possono solo evidenziarne il basso impatto ambientale, come l’eliminazione dei gas-serra e la liberazione dalla dipendenza petrolifera dall’estero, ma non trascurano di sottolineare come il prezzo del petrolio sia destinato a risalire, anche se non sanno prevedere quando.

A sostegno dell’auto elettrica restano quindi le normative vigenti e future. Molti stati hanno imposto l’introduzione di veicoli a zero emissioni, con la California in prima linea che ha stabilito un traguardo di 1.500.000 “elettrici” circolanti entro il 2025. Ma la realtà mostra che al momento il grande stato della West Coast è fermo a circa 120.000 esemplari… su 31 milioni di veicoli presenti sulle strade.

Secondo il CEO di Nissan Carlos Ghosn, i costruttori stanno rivedendo gli incentivi per la clientela proprio per i sempre più tassativi mandati legislativi, in quanto, dice: “siamo arrivati tutti alla conclusione che non possiamo rispettare i regolamenti futuri sulle emissioni senza fare a meno dei veicoli a zero emissioni. E questo non sarà un cambio di rotta agevole”.

Anche Volkswagen, che si deve riprendere dal “dieselgatesi sta orientando verso l’elettrico, con almeno 20 nuovi modelli a emissioni zero entro il 2020.

La presidente GM Mary Barra, dal canto suo, ha anch’essa affermato che “nel lungo termine l’elettrico è parte della soluzione”.

Ma è Lutz il più realistico; grazie anche alla sua posizione di “ex” ha candidamente affermato che i costruttori non hanno scelta, e che a causa degli obblighi legislativi, i veicoli elettrici dovranno essere “pigiati” nel mercato a prezzi ben al di sotto dei costi.

Insomma, quello che sembrava mostrarsi come un cammino radioso – e in prospettiva economico – si sta rivelando la classica “cavalcata sulla tigre”: starci sopra (produrre elettriche) è tutt’altro che conveniente, ma scendervi potrebbe essere molto pericoloso per un’industria sempre alla ricerca di soluzioni ai molteplici problemi economici e ambientali da fronteggiare.

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