Si allargano in USA e in Italia le indagini sui diesel Euro 5

In USA sotto indagine 28 modelli diesel EU-5 di 5 costruttori; in Italia saranno 80 anche di altre marche.

05 Oct 2015 motorpad.it
Si allargano in USA e in Italia le indagini sui diesel Euro 5

Dilaga, come era inevitabile, il sospetto che il “dieselgate” che ha investito il Gruppo VW non sia circoscritto al Gruppo tedesco e l’Epa, l’ente americano per l’ambiente, annuncia controlli su 28 modelli di BMW, Chrysler, General Motors, Land Rover e Mercedes Benz. Saranno invece 80 quelli che, a campione, saranno verificati dall’Antitrust italiano (l’Autority per la Concorrenza). Sono di produzione Fiat, Alfa Romeo, Ford, Hyundai, Kia, Nissan, Peugeot, Citroen, Renault, Opel e Dacia e risultati di questa maxi operazione si conosceranno a maggio 2016.

Intanto, il semplice annuncio di queste operazioni, con le altre in atto o in programma in altri paesi non può non produrre effetti devastanti di portata ancora incalcolabile. Non a caso in Francia è aperta  un’inchiesta penale, in Svizzera sono bloccate le immatricolazioni di auto diesel del Gruppo di Wolfbourg e negli Usa il Dipartimento di Stato ha avviato un procedimento penale. Su VW si addensano infatti nubi nerissime con costi e perdite stimate in circa 80 miliardi di euro, ma l’intero sistema Automotive mondiale è sotto pressione, costruttori “innocenti” compresi.

Venendo agli interventi annunciati dal Ministero dei Trasporti italiano e di altri enti o organizzazioni più o meno rappresentative e titolate ad intervenire, qualche considerazione, anche volutamente provocatoria, può essere fatta.

- La prima: dov’erano tutti coloro che oggi gridano allo scandalo – e di scandalo sicuramente si tratta - quando avrebbero dovuto intervenire con i controlli; e perché la politica non è stata in grado di mettere in campo regole più chiare e meno aggirabili?

- La seconda: perché in questa orgia giustizialista e in queste passerelle di presenzialismo non si presta un minimo di attenzione  sul fatto che il semplice annuncio di un controllo su un modello è largamente sufficiente per bloccarne le vendite? E se risultasse “pulito” chi risarcirebbe i danni al costruttore?

- La terza: le autorità finanziarie di controllo delle Borse internazionali non hanno davvero nulla da rilevare circa gli enormi movimenti speculativi in atto in mezzo mondo con il ballo sapientemente manovrato delle quotazioni azionarie?

- La quarta: su quali criteri certe marche non hanno nemmeno un modello indagato? Chi stabilisce, e come, “questo si e questo no”.

Un esempio pratico, perché tra i giapponesi, Nissan sì e Toyota no? (vedi elenco pubblicato da Il Sole 24 Ore).

Eppure quello che oggi è il primo costruttore mondiale di motori diesel ne ha prodotti a milioni; recentemente però, con una campagna pubblicitaria che ha fatto non poco discutere, ha sposato la campagna della sindachessa di Parigi sig.ra Hidalgo che non vuole più vedere le auto diesel a Parigi. Meglio i nostri modelli ibridi consiglia convinta Toyota . Come interpretare questa posizione, perlomeno un po’ strana, alla luce di quanto è successo?  E’ la domanda che qualcuno si pone.

-La quinta: come mai i veicoli più inquinanti sono proprio quelli dei trasporti pubblici e parchi auto di molte città e i vari sindaci e assessori al traffico fanno finta di non saperlo? E perché si tollera che circolino moto e morini con marmitte truccate che inquinano più della peste e, sicuramente, più di moltissime auto? 

- La sesta: qualcuno può spiegare come mai non si vedono Golf, Polo, Audi e compagnia di auto “taroccate” abbandonate da acquirenti sdegnati o riportate sui piazzali di Wolfbourg o davanti alle Concessionarie?

Si tratterà di una seconda chance per VW o non gliene frega niente, o quasi, a nessuno? Io non lo so.

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