Toyota, Venezia e la mobilità sostenibile
Accordo Toyota-Venezia per auto ibride in car sharing e piattaforma elettrica Mirai.
Firmato un protocollo tra Venezia e Toyota per un progetto di mobilità sostenibile integrata: auto ibride e la Mirai a idrogeno.
Davvero la rivoluzione della mobilità sostenibile partirà da Venezia?
Tutto è possibile, naturalmente e anche che, prima o poi, i transatlantici la smettano di passare per il Canal Grande con tutti i pericoli e gli inquinamenti del caso.
Consentiteci però un minimo di legittimo scetticismo dopo la lettura del comunicato “Rivoluzione Toyota a Venezia: in partenza un progetto per la mobilità sostenibile integrata”.
Si parla di un protocollo firmato tra l’amministrazione di Venezia e Toyota che fa riferimento ad un progetto i cui reali contenuti saranno noti solo fra tre mesi e che, in linea generale, si divide in due parti.
La prima, assolutamente condivisibile e concreta, annuncia un progetto di car sharing che utilizzerà vetture ibride (di cui Toyota è leader mondiale) e la seconda ipotizza una piattaforma integrata che vede al centro l’impiego di “alcune unità di Toyota Mirai” la berlina a idrogeno della casa dei tre ellissi.
Nel primo caso, come abbiamo già detto, ci troviamo perfettamente d’accordo. Sosteniamo da tempo che nelle grandi aree urbane e metropolitane le auto adibite a car sharing e i taxi dovrebbero essere, per legge, unicamente elettriche o, almeno, ibride e ibride plug-in, le quali con le significative percorrenze quotidiane e l’elevato numero di veicoli in circolazione, possono abbattere in modo abbastanza significativo le emissioni nocive e costituire un ottimo esempio per gli altri automobilisti.
Sulla questione della Mirai a idrogeno ci troviamo invece di fronte ad un altro spot, legittimo e di immagine fin che si vuole, ma di nessuna rilevanza pratica e che, a occhio, rischia di impegnare almeno le prossime 10 Amministrazioni comunali e i prossimi 30 anni, visto che gli stessi interessanti parlano apertamente di “obiettivi ambiziosi e lungimiranti con un orizzonte temporale che si estende fino al 2050 (!)”.
E non potrebbe essere diversamente dato che, al momento, neanche si sa quante Mirai siano presenti in Italia e si legge anche di UNA, ripetiamo, UNA, colonnina di ricarica (per di più a 350 bar e non a 700) per l’idrogeno da collocare “con ogni probabilità” (quindi non è certo) a Marghera”.
Ed è infatti un problema enorme quello della ricarica dell’idrogeno se si tiene conto, ad esempio, come abbiamo segnalato in un altro intervento, che in Giappone se ne programmano 74 con l’aiuto dello Stato e il concorso comune di tre importanti costruttori, ben sapendo, però, che per una decina d’anni saranno in perdita.
E parliamo del Giappone, non di Porto Marghera, mentre in Germania se ne aspettano alcune decine per il 2023.
Riporta alla concretezza dei fatti e fornisce un esempio formidabile sul quale tutti, Amministrazioni locali e costruttori per cominciare, dovrebbero riflettere se davvero si vuole un rapido e coordinato sviluppo della mobilità sostenibile, il ciclone Tesla Model 3 elettrica che, udite, udite, in America in tre giorni ha raccolto ben 276.000 ordini (!).
E’ questa la vera strada da seguire: un’auto elettrica piacevole nella linea, capace di accogliere 5 persone, prestazionale (6 secondi da 0 a 100 km/h), con 345 km d’autonomia, avanzata anche nelle tecnologie di assistenza alla guida, facilmente ricaricabile praticamente ovunque e concorrenziale nel prezzo rispetto a un’auto tradizionale e per di più sostenuta da incentivi.
C’è da sperare che, per primo, ne tenga conto il Governo da cui si attende, per fine anno, un piano energetico concreto e una politica dei trasporti sostenuta dalle indispensabili scelte di priorità nei necessari investimenti.
Altrimenti saremo ancora paralizzati dagli insopportabili e velleitari interventi locali di sindaci e assessori che fanno i fenomeni per le solite passerelle di tipo elettorale, la cui validità pratica non è misurabile neanche entro l’orticello di casa e che, finora, hanno in pratica frenato e non certo favorito lo sviluppo dell’auto ad emissioni zero e della mobilità sostenibile.