Ancora una tassa sulla benzina!
Eccoli di nuovo con l’ennesimo colpo di fantasia, cioè di mano, contro l’auto.
Invece una mano in tasca, specie ai cittadini automobilisti, continuano, eccome, a mettercele e con una costanza più che mai degna di miglior causa.
Non bastassero infatti i rincari delle assicurazioni, dei pedaggi autostradali, della stessa benzina a causa della crisi libica, ecco un decreto che ancora una volta aumenta il prezzo della benzina. “Uno o due centesimi” ha detto con non poco umorismo il sottosegretario Letta, “un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti (sic!) di fare”. Eccome no, non aspettavano altro. Del resto è così che si aiuta l’industria dell’auto che rischia di abbandonare l’Italia.
Si è pure vantato, a nome del Governo, di “aver rispettato gli impegni di ripristinare i fondi per la cultura”, perché a questo dovrebbe servire la nuova tassa.
Ovviamente il problema non sono i centesimi che pur, messi insieme, fanno milioni sottratti allo sviluppo e innescano la spirale dei costi, ma il principio.
Mai che qualcuno si sia scusato di non averne rispettati altri di impegni, dalle conseguenze ben più gravi per la comunità e per gli automobilisti in particolare come quelli citati e già attuati.
Mai che si parli seriamente di tagli agli sprechi, ai costi improduttivi della politica, ai benefici dei pochi che campano sul lavoro dei tanti che li hanno eletti speranzosi di essere ben amministrati e aiutati a far fronte alle difficoltà crescenti.
Ma non è finita. All’orizzonte già si profila un altro colpo basso di carattere squisitamente vessatorio e classista: la supertassa per i SUV e sui modelli con motori superiori ad una certa potenza , colpevoli, agli occhi dei nostri ottusi amministratori, di ogni nefandezza. Ma questa volta dicono che non sarà colpa del Governo, ma delle Regioni, cioè di qualcun altro. Come se cambiasse qualcosa nella sostanza.
Ricordiamocene, noi automobilisti, quando ci chiameranno per chiederci, con immutata faccia tosta, il nostro voto.
E non ci si accusi, per favore, di facile populismo.
Marcello Pirovano