Donald Trump e la politica sull'auto made in USA

Il presidente eletto cambia i rapporti con l’industria automobilistica americana.

09 Jan 2017 motorpad.it
Donald Trump e la politica sull'auto made in USA

Tempi incerti e rapporti da chiarire tra General Motors, Ford, Chrysler e Toyota e il presidente eletto Donald Trump che ha messo queste importanti industrie nel mirino delle molte cose da cambiare con il suo arrivo alla Casa Bianca. Ha cominciato con l’avvertire General Motors che non intende sopportare che le Chevrolet Cruze vendute negli USA arrivino dal Messico dove i costi di produzione sono molto più bassi partendo da salari mensili attorno ai 300 dollari. Al momento GM non sembra intenzionata a cambiare i programmi e coì Toyota che intende costruire un nuovo impianto in Messico a Baja per l’assemblaggio delle Corolla destinate al mercato nordamericano. “… Impossibile - ha tuonato, come al solito via Twitter, Trump - costruisca l’impianto negli USA o paghi grandi dazi”. Misura che contraddice tutti gli accordi commerciali nell’area di libero scambio NAFTA (North American Free Agrement) tra USA, Canada e Messico in vigore dal 1994.

In Messico però produce anche Ford che, anzi, aveva in programma un investimento di 1,6 miliardi di dollari per un nuovo impianto a San Luis Potosi da affiancare a quello di Hermosillo da dove escono le nuove Focus. In questo caso la minaccia di Trump ha avuto l’effetto voluto e le massime autorità dell’ovale blu - l’A.D. Mark Fields e l’azionista di peso Bill Ford - non hanno ritenuto saggio opporsi al diktact del neo presidente. L’investimento previsto ha quindi in parte preso la via del Michigan per ampliare l’impianto di Flat Rock con l’assunzione anche di 700 nuovi addetti. E Trump incassa anche la soddisfazione del potente Sindacato UAW (United Automobile Workers)

Per quanto riguarda Chrysler, cioè FCA, dovrebbe restare confermata l’avvio della produzione della nuova Jeep Compass nella fabbrica messicana di Touluca. Marchionne però non poteva certo arrivare al Salone di Detroit a mani vuote nei confronti di Trump. Ha quindi ha annunciato un investimento di un miliardo di dollari negli impianti dell’Ohio e del Michigan con la creazione di duemila nuovi posti di lavoro. Cosa che non poteva non raccogliere immediatamente il plauso del presidente eletto e il contro ringraziamenti dello stesso Marchionne durante l’incontro con la stampa italiana “…è un atto dovuto verso il paese” aggiungendo anche che “… credo che a Trump dovrebbe piacere una fusione tra GM e FCA”.

Tornando alla “questione Messico” ha preso posizione Carlos Gosh che, da manager pragmatico qual è, ha affermato che “… Renault e Nissan si adegueranno alle nuove regole quali che siano, a patto che siano uguali per tutti”. Va ricordato che oltre alle marche citate costruiscono auto in Messico anche: Mazda, Honda, Volkswagen, Audi, BMW, Kia, la joint-venture Daimler-Nissan e Nissan.

Nonostante la forte influenza della cultura “tex-mex” che permea la storia e la vita degli Stati meridionali degli USA, sembra di essere tornati ai tempi del Texas in lotta per l’indipendenza dal Messico (ricordate la battaglia di Fort Alamo del 1836?). Insomma i rapporti Messico investono violentemente la politica e l’economia. Non a caso sono stati uno dei temi al centro della campagna elettorale di Trump vista anche la forte immigrazione clandestina che il neo presidente vorrebbe contrastare anche con la costruzione di un muro da far pagare allo “Stato Invasore”.

Ma non si parlava di “globalizzazione”? Si attendono sviluppi e novità e, con tutta probabilità, reazioni magari in settori merceologici diversi. E con la Cina che, di certo, non starà a guardare, cercando anzi di trarne tutti i vantaggi possibili.

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