FCA, luci e ombre
Notizie buone e meno buone per il Gruppo FCA. Luci ed ombre, come si dice in questi casi. Prevalgono le prime.
Notizie molto buone per il Gruppo FCA e situazioni che invece ne offuscano un po’ l’immagine anche se si tratta di cose che si ripresentano con una certa frequenza anche per altri importanti Costruttori.
Andiamo con ordine e cominciamo dalle cose positive.
1) Nell’impianto di Melfi entrano stabilizzati a tempo pieno 1.431 lavoratori. Sale quindi la cadenza produttiva del sito con benefici effetti anche per l’export. Questo in considerazione del grande successo che va ottenendo Jeep destinata in gran parte anche in USA e su altri mercati esteri.
Significativo che a dare l’annuncio sia anche il sindacato nazionale FIM. Ricordiamo a questo proposito che il Contratto del 7 luglio ha ottenuto l’approvazione del 94% degli 850 rappresentanti eletti dagli 85.000 addetti di FCA e Cnh; hanno sottoscritto l’accordo Fim, UILM, Fismic, UGL e Quadri.
2) Altra notizia positiva accolta con il dovuto compiacimento da parte delle rappresentanze sindacali quella relativa al premio di 2.355 euro che ha notevolmente appesantito la busta paga dei dipendenti della Ferrari grazie agli obiettivi raggiunti nel 2014. Saranno sicuramente più dolci le vacanze per molte famiglie.
Per la parte negativa spicca la multa di 105 milioni di dollari che FCA è stata chiamata a pagare per “non aver fornito un rimedio efficace in 3 specifiche campagne di richiamo” riguardo a modelli difettosi. La sanzione originale avrebbe potuto essere di 700 milioni in base a quanto stabilito dalla National Higway Trafic Safety Administration che rimproverava a FCA di aver “fallito nel rispettare gli obblighi legali” specie per quanto riguarda “proteggere la sicurezza degli americani alla guida”.
Tranquillizzante la risposta di FCA che ha anche dichiarato che la sanzione non avrà ripercussioni significative sulla situazione finanziaria, sulla liquidità di cassa e sui risultati.
Relativamente alla situazione Ferrari si affaccia un’ipotesi al momento molto remota di un altro sito produttivooltre a Maranello nel caso che la produzione fosse messa in pericolo per eventi naturali, catastrofi, agitazioni che potrebbero bloccare le linee di assemblaggio, situazioni fiscali insostenibili, attacchi terroristici ecc. Insomma l’eventuale e, ripetiamo, teorico trasferimento della produzione, altro non è se non una forma di garanzia in più da fornire ai futuri investitori che acquisteranno il 10% delle azioni Ferrari che saranno messe sul mercato (al valore stimato di 10 miliardi) a ottobre alla Borsa di New York.
Per questo, che resta comunque un caso di studio precauzionale, l’idillio con le organizzazioni sindacali si è incrinato con l’accusa a Marchionne, da parte di quest’ultime, di tutelare più gli investitori che i lavoratori. Fanno evidentemente il loro mestiere i sindacati, ma altrettanto deve fare Marchionne che certo non può chiedere soldi senza, tutte, le necessarie garanzie sostanziali, formali ed anche ipotetiche.