Marchionne a “La Repubblica”
Fiat-Chrysler e le risposte di Sergio Marchionne alle domande del direttore di La Repubblica Ezio Mauro.
Sergio Marchionne non ha atteso, come ci si aspettava e come comunque è previsto, l’apertura del Salone di Detroit per rilasciare qualche dichiarazione ufficiale a proposito dell’acquisizione-fusione Fiat/Chrysler e ha concesso una lunga intervista a La Repubblica rispondendo alle domande del direttore Ezio Mauro.
Il sunto sta ovviamente tutto nel virgolettato delle risposte alle più interessanti ed impegnative domande, scelte, un po’ a caso, secondo un criterio del tutto personale. Risposte che per certi versi ribadiscono cose note e programmi già enunciati in altre occasioni e sta al possibile commento la facoltà di dividere queste risposte in “mi piace” o in “mi piace un po’ meno”.
Ecco, quindi, la nostra lettura del comunque atteso e interessante intervento dell’A.D del Gruppo “Lingotto-Detroit” o “Detroit-Lingotto” che, forse, non è esattamente la stessa cosa.
“Con Chrysler la Fiat ha realizzato un sogno”. Indubbiamente vero, anche se nella formulazione, ci sarà scusata l’irriverenza, viene in mente l’irresistibile imitazione che Crozza fa di Briatore; ci piace invece molto di più la seconda parte dell’affermazione “…faremo auto di alta qualità e, con il tempo, gli operai rientreranno tutti”. Una conferma/promessa di questo tipo non può che rallegrare e rappresentare una spinta importante all’atteso e più generale rilancio della nostra economia. Si resta però ancora nel vago con l’affermazione secondo cui “squadre di nostri uomini, in capannoni fantasma mimetizzati in giro per l’Italia, stanno preparando i modelli”. Ci pare del tutto logico che i vari Centri Stile e Uffici Marketing non abbiano smobilitato e continuino a lavorare sodo senza troppo svelare alla concorrenza. Ma è proprio impossibile sapere qualcosa di più preciso su quali modelli, e di che tipologia e marca, vedremo? E quando? Al Salone di Detroit ci sarà qualche dettaglio in più?
“La nostra strategia è uscire dal mass market e dove i clienti sono pochi e i concorrenti molti, i margini sono bassi e il futuro complicato”. Condivisibile in linea di massima. Ricordo che alla scuola dei quadri che ho frequentato ai tempi (ormai medievali) di Simca-Chrysler già predicavano “mini car, mini profit”. Ma ci sono casi, come Dacia, che con auto non propriamente mini, ma sicuramente di massa, sta ottenendo ottimi risultati. I modelli, dunque, sono sempre al centro di ogni risultato, indipendentemente dalle dimensioni.
“Da oggi il ragazzo americano che lavora in Chrysler quando vede una Ferrari in strada può dire: è nostra”. Può dire quello che vuole il boy, ma non credo che il ragazzo italiano che lavora a Maranello sarà d’accordo e neppure la stragrandissima maggioranza degli italiani. E poi con affermazioni simili non si alimenta un po’ di confusione su chi a comprato chi?
“senza la rete di vendita nei mercati che tirano, fare ad esempio la Maserati non servirebbe a nulla …. Oggi mi presento in USA con una rete di 2.300 concessionari capaci di portare quelle auto dovunque in America rispettandone il DNA italiano”. Ineccepibile. Intanto però il grido di dolore dei concessionari che non sanno come tirare avanti e perdono pezzi ogni giorno è sempre più alto e, purtroppo, inascoltato.
“Fiat resterà nella parte alta del mass market con le famiglie Panda e Cinquecento e uscirà dal segmento basso e intermedio. Lancia diventerà un marchio soltanto per il mercato italiano nella linea Y.… la vera scommessa è utilizzare tutta la rete industriale per produrre nuovo sviluppo dell’Alfa”.
E’ il giusto correttivo, ma di certo è anche il de profundis per Lancia e per un ridimensionamento del marchio Fiat.
Per quanto riguarda l’interesse, più volte ventilato, dei tedeschi per l’Alfa Romeo? “Se la possono sognare. E credo che la sognino infatti. L’Alfa è centrale nella nostra strategia. Ma come la Jeep è venduta in tutto il mondo, ma è americana fino al midollo, così il DNA di Alfa deve essere autenticamente tutto italiano. Così come sarebbe stato un errore produrre il SUV Maserati a Detroit: e infatti resterà a casa”. Quando si dice parlar chiaro!
Moody non ha aspettato ed ha già minacciato il downgrade Fiat per i troppi debiti. “Bisognerà vedere con il piano di aprile dei nuovi modelli dove si posizionerà il debito. Io non sono preoccupato. Proprio no”. Se lo dice lui c’è sicuramente da crederci, anche perché, secondo una consolidata prassi, quando si è troppo grandi è praticamente impossibile fallire, altro non fosse che per le implicazioni socio-economiche che la cosa comporterebbe. Proprio il caso Chrysler è, in questo senso emblematico, con Obama che è stato “costretto” a intervenire con il prestito di 7,5 miliardi che ha dato avvio all’operazione. E’ del tutto positivo, naturalmente, questi soldi siano stati già restituiti a riprova che Chrysler viaggia con il vento in poppa.
“Anche per me arriverà il giorno di lasciare. Ma intanto, dieci anni dopo, è una bella partita”. Gliene rendiamo volentieri e doverosamente atto. E se è vero che si deve lasciare (se ne parla un po’ troppo di questi tempi) quando si è al massimo, l’auspicio e il non richiesto consiglio è che è ancora presto per svegliarsi da quel “sogno” da cui tutto è partito.
La considerazione finale sposta il discorso ai palazzi romani del potere. Che senso ha che in tutta questa complicata e nuova situazione ancora non si veda all’orizzonte un intervento del Governo? A quando il tempo per muoversi?