Maserati Ghibli 1969

Indietro nel tempo alla guida di una Maserati Ghibli del 1969

05 Dec 2014 motorpad.it
Maserati Ghibli 1969

Nel corso delle manifestazioni per il festeggiamento del Centenario della Maserati, sono state messe  a disposizione per una prova su strada alcuni modelli storici della casa del Tridente.

Una cosa quanto mai originale e quanto mai utile per capire meglio le ragioni  per le quali questo marchio sia così amato e conosciuto nel mondo. E’ stata anche l’occasione per apprezzare le tecnologie del tempo su vetture che, per prestazioni ed eleganza, erano (e lo sono tuttora) i punti di riferimento del periodo. Ed anche per imparare che storia, immagine e tradizione di una casa automobilistica non nascono per caso.

Non mi era ancora capitato di guidare una Maserati d’epoca e diventa quindi difficile scegliere su quale mettersi al volante tra quelle parcheggiate in bella mostra nella centralissima piazza Santo Stefano a Bologna, quella delle famose Sette Chiese.

 In attesa c’erano una Maserati 3500 GT Spyder (1957/1964), una Quattroporte I Serie (1963/1969), due Ghibli (1966/1973), una del 1969 ed una del 1973 ed una Merak (1972/1975).

È un colpo di fulmine con la Ghibli color oro del 1969, che riesco a bloccare per il test drive. Disegnata da Giorgetto Giugiaro, quando lavorava alla Ghia di Torino, è inconfondibile nella linea di grande semplicità con il cofano lungo tipico delle Gran Turismo, il muso basso che scende e nasconde i fanali a scomparsa e la coda da fastback. Tutte cose che ci sentiamo ancora adesso raccontare dai designer quando parlano di auto sportive.

Sotto il cofano un V8 di 90° di 4.719 cc (che diventeranno 4.930 dal 1969 in poi) capace di 330 CV a 5.500 giri/min, con due valvole per cilindro e distribuzione a due assi a camme in testa per bancata. Le prestazioni sono di assoluto rilievo con una velocità massima di 265 km/h. Un’auto da trattare con rispetto.

Al mio fianco si siede il proprietario, un collezionista che per passione porta la sua vettura a numerosi raduni e che per l’occasione consente perfino di lasciarla guidare a quelli come noi, che pur del mestiere, siamo per lui dei perfetti sconosciuti. Non so cosa ne pensiate ma io una cosa del genere non la farei mai!

Il primo contatto è con la plancia. In questo periodo di grande minimalismo negli interni trovarsi un cruscotto pieno di levette, tasti e strumenti di controllo ti fa pensare più ad una cabina d’aereo che non ad un’automobile. Tutto è però piuttosto semplice da capire.

Come già detto, siamo nel 1969 e le cinture di sicurezza non sono presenti, il volante è in legno molto sottile con al centro lo stemma del tridente che serve da clacson.

Sarà la posizione di guida ma sembra di avere in mano un’auto ben più grande dei suoi 4,59 mt di lunghezza (1,80 la larghezza, 1,16 l’altezza e 2,55 il passo le altre misure), non si vede la fine del muso cosa che in città come Bologna con molte delle sue strette viuzze del centro medievale ci obbliga ad avere una particolare attenzione nelle manovre e nel traffico denso.

È come salire su una macchina del tempo ed essere improvvisamente portato indietro alla fine degli anni ’60. Giro la chiave ed il suono del V8 entra nell’abitacolo, pieno e pulito; inserisco la prima e la “mia” Ghibli comincia a mostrarmi le su qualità.  Nel traffico cittadino si muove con grande tranquillità, solo la frizione è un po’ dura, ma è giusto che sia così visti i cavalli e la grande coppia a disposizione che la fanno muovere in maniera molto fluida.

Tappa d’obbligo dal benzinaio che con grande sorpresa si vede arrivare per il rifornimento tre Maserati d’epoca che gli “bevono” più di 300 litri di benzina, è il suo giorno fortunato.

Scopro che la Ghibli ha due serbatoi separati e che è meglio fare la stessa quantità di carburante in entrambi per avere una migliore stabilità viste le sospensioni posteriori con balestre semiellittiche e ammortizzatori telescopici.

Si riparte e via verso le colline. Il motore è potente e sempre in tiro, lo sterzo lavora bene quanto a risposta diretta e sincera e la tenuta di strada precisa nelle accelerazioni e anche quando si aumenta l’andatura. Bisogna impostare bene la curva e tenerla stabile con un filo di gas per poi salire progressivamente con la velocità. Certo il peso a secco di 1.300 kg aiuta. Impressionante la coppia, in pratica con la terza si va dai 50 ai 150 km/h senza alcun sussulto.

Per sfruttare al meglio il cambio, un cinque marce, bisogna saper scalare con il tacco/punta per non creare troppi scompensi al posteriore e inserire il rapporto senza troppa fatica. Un piccolo trucco che mi spiega il titolare è quello di inserire la seconda e poi di passare in prima quando sono in città durante le continue ripartenze.

“Tira tranquillamente tanto non ha problemi” mi dice e a me piace ascoltare il V8 mentre sale di giri. Rientriamo alla base dopo un centinaio di km e mi accorgo che la mattinata è andata, non c’è tempo di salire sulle altre storiche. Il tempo è volato e non me ne sono accorto, ma me la sono proprio goduta la Ghibli del 1969.

Portatemi indietro nel tempo che lo voglio rifare. Anche con qualche altro modello del Tridente.

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